MZ - motozattera 1/35 (modello in costruzione)

Cenni storici.

Nel gennaio 1942, quando venne presa in seria considerazione l’occupazione di Malta, la Marina italiana mancava completamente di navi e mezzi anfibi adatti allo sbarco di autoveicoli e blindati direttamente sulle spiagge.

Venne quindi adottato il piano costruttivo della motozattera tedesca MFP (Marinefaehrprahm)-A, di cui i Cantieri Navali Riuniti di Palermo avevano già assemblato (montando materiali già approntati di provenienza tedesca) una serie di 15 esemplari (da F 146 A a F160 A) per la Kriegsmarine, e di cui la Germania ci fornì senza difficoltà progetti e anche componenti da assemblare.

Tra MZ-A e MFP-A sussisteva solo qualche differenza di dettaglio, in particolare nell'apparato motore e nell'armamento. L'ordine di costruzione venne approvato il 13 gennaio 1942 per un primo contingente di 50 motozattere (denominate "Bette M.Z."). La prima serie delle MZ venne poi ampliata a 65 unità, da MZ 701 a 765. Cantiere capocommessa erano i Cantieri Riuniti dell'Adriatico di Monfalcone, cui vennero ordinate le prime 31 motozattere.

Per i tedeschi le MZ facevano parte integrante della numerazione delle loro MFP, ed infatti le posizioni da 700 ad 800 della sequenza delle F (MFP) vennero lasciate disponibili per le MZ; ragion per cui le MZ italiane catturate subito dopo l'8 settembre venivano semplicemente ridenominate F ... conservando il numero originario, talora con l'aggiunta iniziale del numero della flottiglia di appartenenza (es. F 4785 ex F 785 ex MZ 785).

Le MFP tedesche erano state realizzate, a partire dal 1941, in un gran numero di cantieri, inclusi quelli olandesi, belgi, francesi e italiani. Spesso venivano prima costruite in cantieri tedeschi o olandesi, poi smontate e riassemblate in Francia e in Italia. Dopo l'8 settembre, i cantieri italiani del Nord vennero utilizzati per fabbricare, e non più solo per assemblare unità prefabbricate, un buon numero di MFP di modelli più avanzati per la Kriegsmarine, abbandonando e demolendo quelle italiane non arrivate a buon fine. Per questa ragione alla fine della guerra nelle acque italiane del Nord si trovavano un buon numero di MFP di vari modelli in condizioni più o meno utilizzabili e tra queste la Marina Militare cercò di pescare il meglio, per integrare le motozattere italiane superstiti il cui numero, anche contando qualche recupero, era limitato.

Le unità lunghe 47 metri e larghe 6,5, dislocavano 174 t., avevano una capacità di carico di 65 t. e disponevano per la propulsione di 3 motori da 150 Hp diesel OM, Officine Meccaniche di Varese, una versione marina dei motori BXD da 150 HP per automotrice ferroviaria (c.d. littorina) delle F.S. prodotti su licenza svizzera Saurer; la potenza complessiva di 450 hp, distribuita su tre eliche quadripala destrose di 800 mm di diametro, consentiva una velocità di 10 nodi ed una autonomia di 1400 miglia.

L'armamento consisteva in un cannone da 76/40 Mod. 1916 R.M.  antiaereo ed in una mitragliera da 20 mm. Scotti-Isotta Fraschini 20/70 Mod. 1939. Come protezione erano previste delle blindature d'acciaio da 20 mm per la timoneria, per il locale motori e per la piattaforma del cannone oppure dei paraschegge ad intercapedine riempita di sabbia intorno alle mitragliere. Con l’avanzare della guerra e delle minacce aeree dii solito i comandanti montavano anche qualche altra mitragliatrice, tipicamente le Besa da 7,92mm, di preda bellica britannica recuperate nei vari ancoraggi africani battuti da queste unità oppure delle Breda 20/65 Mod. 1940 da 20mm.

L'equipaggio era formato da un comandante, normalmente un aspirante guardiamarina, e da 12 tra sottufficiali e marinai.

A partire dal maggio 1942 iniziarono le consegne delle prime unità che si sarebbero dovute concludere entro il luglio successivo quando l'operazione "C3" avrebbe dovuto avere inizio. Tuttavia la travolgente avanzata di Rommel fino in Egitto indusse il Comando Supremo a concentrare nel settore nord-africano tutti i mezzi disponibili incluse tutte le motozattere ed il personale che si stava addestrando per l'invasione di Malta.

Le MZ furono impiegate per sbarcare sulle spiagge di Marsa Matruh, a ridosso delle linee italo-tedesche, i rifornimenti ammassati nel porto di Tobruk che altrimenti con maggior tempo e difficoltà avrebbero dovuto essere trasportati via terra. Alla fine di luglio le MZ iniziarono tra i due porti africani una spola incessante lungo una rotta lunga 330 miglia, tra andata e ritorno, trasportando carri armati e tutto il materiale necessario alle operazioni. Per quanto le modeste dimensioni e la sagoma bassa non ne facessero facili bersagli le perdite, dovute sia agli attacchi aerei e sia alle mine alla deriva, non tardarono a verificarsi e nel primo mese di continua attività ben 15 delle 65 unità andarono perdute. Le MZ partivano cariche dall'Italia e seguendo una rotta abbastanza sicura (Grecia Creta), arrivavano il Libia dove poi venivano impiegate per la distribuzione lungo la costa dei carichi che venivano prelevati dai porti di Tripoli,Bengasi,Tobruk.

Il primo impiego delle MZ in ruolo operativo si verificò a metà settembre 1942 quando gli Inglesi decisero di forzare le difese di Tobruk da terra e dal mare con una forza articolata in vari gruppi per complessivi 600 commandos, una ventina di motocannoniere oltre ad una consistente forza navale d'appoggio. Furono proprio le MZ, ormeggiate nelle acque antistanti il porto di Tobruk, a sventare nella notte per prime il tentativo di sbarco nemico facendo fuoco ad alzo zero con i loro cannoni; all'alba diressero contro gli Inglesi in ritirata verso il largo. In due soli mesi in zona d'operazioni le MZ si erano guadagnate a tutti gli effetti l'ambito titolo di Unità "combattenti". Qui troverete un più dettagliata descrizione e della battaglia.

In questo periodo, visti i buoni risultati dell'impiego di questi mezzi e anche per rimpiazzare le perdite subite, fu ordinata ai cantieri una seconda serie di 40 unità. In seguito all'offensiva britannica dell'ottobre 1942, le MZ furono impiegate per evacuare da Marsa Matruh i materiali ed il personale della Marina per un totale di 1700 tonnellate di materiali e 2100 uomini e, quando la Libia fu abbandonata, le MZ trasportarono uomini e mezzi in Tunisia e successivamente dal maggio 1943 dalla Tunisia in Sicilia. In seguito, quando le forze dell'asse evacuarono la Sicilia, furono le superstiti MZ, circa 50 unità, che trasferirono in Calabria circa 62000 uomini del contingente italiano.

Alla data dell'8 settembre, dopo infinite vicissitudini, le MZ superstiti erano ridotte a 12 unita':

Perdute per offesa aerea             

38

     "             "   azioni di superficie              

3

     "             "   mine                                

3

     "             "   naufragio o incaglio    

11

     "             "   cause sconosc.             

4

Pronte ma mai entrate in servizio     

5

Perdute per avvenimenti armistizio   

24

Superstiti                                                      

12

 

Si consideri inoltre che le 12 superstiti, e non certo in buona efficienza, si trovavano sparpagliate in vari porti della Penisola e lì rimasero bloccate. Solo 3 intrapresero un lungo ed avventuro viaggio verso la Spagna dove vennero internate.

Il modello.

L'inizio della contruzione è nel mese di marzo 2017. Il disegno costruttivo proviene dall’ archivio dell’ Associazione dei Modellisti Bolognesi (qui). Non mi ha particolarmente colpito per qualità e dettaglio ma integrandolo con la documentazione reperibile in rete qualcosa di buono viene fuori.

Marzo 2017 Il modello presenta una struttura costruttiva classica: ordinate e fasciame in compensato da 4 mm con corsi in listelli di legno di obeche da 10 mm. Il tutto è stato poi protetto esternamente da due mani di turapori e da due mani di fondo per il legno; dopo un’accurata levigatura lo scafo è stato laminato con tessuto da 59 grammi/mq e resina epossidica. Completano la preparazione dello scafo tre mani di fondo a bomboletta spray intercalate da levigatura con carta vetrata all’ acqua grana 600. Internamente invece la protezione è data da due mani resina epossidica per laminazione data a pennello. Ho cercato di essere molto preciso nel rispetto delle geometrie e delle tolleranze dimensionali e il risultato mi soddisfa molto.

Aprile 2017 La foto qui a lato è esaustiva nel mostrare la struttura dello scafo: se è vero che alla fine il peso non sarà poi contenutissimo, cioè circa il 30% del modello in assetto di navigazione, è anche vero che il compensato di pioppo da 4 mm e i listelli di obeche (o samba) sono molto economici e di facilissima reperibilità. D’altra parte una motozattera non è proprio la riproduzione di una imbarcazione esasperata nelle prestazioni e quindi l’uso di materiali “poveri” è anche realistico dal punto di vista concettuale (avrebbe senso costruire un motozattera in carbonio?). Ho anche voluto risparmiare... 

 

Maggio 2017 Sono passato dal legno all’ ottone: è stato il tempo degli assali porta eliche e degli alloggiamenti per la tiranteria del portellone di prua. Gli assali sono dei tondini in ottone da 2 mm che ruotano in delle boccole di ottone, alesate a 2,05 mm, saldate in un tubo sempre in ottone da 4 mm di diametro esterno. Il tutto è scorrevole ed economico. Per comandare il portellone di prua, due fili di nylon corrono in delle guaine in ottone e in plastica, da prua a poppa. A scafo chiuso, le condotte saranno irraggiungibili e per questo il lavoro è piuttosto delicato e deve essere affidabilissimo. Sono quindi passato alla costruzione delle sovrastrutture e della stiva; principalmente sempre in compensato da 4 mm eccetto dove quello spessore sarebbe stato inaccettabile dal punto di vista estetico; lì ho quindi utilizzato del compensato da 1 mm. 

Giugno 2017 Un mese passato a lisciare e verniciare, a lisciare e verniciare, a ciclo continuo… Intanto prende forma la configurazione dei motori e dell’impianto radio. Per il motori penso utilizzerò dei 400 Roboesh da 12 V: sono rari ma Modeltecnica li ha in pronta consegna. Le eliche da 25 mm saranno in presa diretta con i motori: soluzione che non mi convince molto anche se rapida e semplice. Sarebbe però meglio una riduzione 1:2 e in tal senso predispongo tutto per una eventuale e successiva modifica. Non so se valga la pena potere invertire il senso dei motori esterni; i miei due LCT ruotano sul posto ma non solo così lunghi e gli assali così vicini: penso che farò delle prove di navigazione in acqua per poi decidere. Sto infine seriamente pensando di imbarcare un Arduino Uno tutto dedicato alla nave. Vorrei infatti “dare vita” all’ equipaggio e mi serve un controllo servi molto più preciso di quanto non riesca io a fare usando gli AtTiny... Per il resto: luci, sirena, portellone, copertura della stiva scorrevole, comando del carro M13/75, rilevamento presenza acqua, fumo dei diesel, ancora di poppa. Insomma nave bruttina ma che sa fare un sacco di cose!

Ottobre 2022 Tutto quello fatto è risultato inutile perché sbagliato! Il disegno in mio possesso infatti è risultato approssimato a tal punto da rendere il modello costruito inaccettabile. Quindi rifare!

E già che ci siamo basta legno ma stampa 3D!

Che ne sarà del vecchio scafo? Davvero non lo so ma prevedo servirà per un modello per la battaglia della A.M.M....

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Elenco qui i pricipali errori rilevati sul disegno:

1 - lo scafo non è a spigoli vivi ma presenta un raggio di raccordo.

2 - l'interasse degli assali è ben minore (1150 mm al vero).

3 - la chiglia presenta a ogni cambio di inclinazione un spigolo vivo e quindi nessuna superficie è curva.

4 - le eliche, al vero di diametro 800 mm, sono tripala.

Il disegno sottostante ben spiega i punti precedenti, compreso l'andamento delle sovrapposizione delle lamiere.

 

 

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