M10 - M36 1/35 (carri in costruzione)

Cenni storici.

Per comprendere come è nato il concetto di “cacciacarri” bisogna considerare lo sviluppo dei carri armati e delle loro dottrine d’impiego dalla fine prima guerra mondiale agli inizi della seconda.

Il carro armato nasce durante il primo conflitto mondiale come arma tattcica in grado di proteggere la fanteria negli assalti  e di aprire i varchi, proprio in senso fisico, nei reticolati e nelle difese nemiche.  È intuitivo che l’unica arma già al fronte inizialmente disponibile che potesse fermarlo era il cannone o l’obice.

Insieme al carro armato nasce quindi simultaneamente, almeno a livello di utilizzo pratico, il cannone anticarro. Questo binomio offesa-difesa si presenta immutato come dottrina operativa all’inizio della seconda guerra mondiale ed è così radicato che nasce addirittura il carro armato dedicato alla distruzione dei cannoni anticarro. Paradossale quindi che il Panzer IV nasca con il suo obice da 75 mm  per proteggere i Panzer III.

Dalla campagna di Polonia in poi si assisterà ad un generale rincorsa fra i calibri delle artiglierie opposte e, fra carri, all’ aumento delle corazzature e della mobilità.

In questo rapido sviluppo il cannone anticarro si “estingue”: fisso e poco protetto diventa un elemento molto vulnerabile e la sua capacità di colpire più lontano di quanto non possano colpirlo i carri nemici (tipicamente usando un calibro maggiore, come il celebre PaK o FlaK da 8,8 cm tedesco) non è sufficiente a garantirne la soppravvivenza sul campo di battaglia.

Naturalmente si arriva quindi a montare queste armi controcarro sui carri esistenti che però non sono “dimensionati” per riceverli. Nascono quindi i “cacciacarri”, cioè un tipo di carro dedicato più al tiro controcarro che alla rottura delle linee nemiche e che sacrifica qualcosa della configurazione abituale del carro in favore di un cannone più potente.

Dal Panther con il 75 mm nasce lo Jagdpanther con il celebre PaK da 8,8 cm. Dallo Sherman si evolvono gli M10 (76 mm) e gli M36 (90mm).

Tuttavia queste questa soluzioni sono “compromessi”: i tedeschi rinunciano alla torretta girevole per mantenere, con il cannone di calibro maggiore in casamatta, un’adeguata protezione passiva; gli Alleati invece preferiscono mantenere i 360° di brandeggio a costo di avere torrette aperte e che quindi che mal proteggono i cannonieri.

Il superamento di questi limiti sancirà nel dopoguerra la nascita dello MBT, cioè del carro “universale” in grado di fare tutto, senza sacrifici o compromessi nella capacità di fuoco, delle protezione o della mobilità.

I modelli.

Come tutta la mia serie di carri RC, anche lo M10 e lo M36 sono Academy. Ho cercato infatti di standardizzare anche a livello modellistico i componenti dei carri, soprattutto per quello che riguarda i rotolamenti. D’altra parte gli Academy costano poco, sono robusti ma adeguatamente dettagliati; inoltre, contrariamente a Tamiya, lo scafo copre anche la parte superiore del cingolo, evitando così l’ accesso di polvere o sporco.

Le seguenti fotografie sono esaurienti per quello che riguarda le soluzioni tecniche adottate; è vero che la trasmissione a cinghia non è molto usuale, ma mi piaceva l’idea di avere i motori in posizione posteriore, come i carri veri.

M10 M36 meccanica
M36
M10